Sereo eoi limbte, olifar mosere noibidung fregifis. Resemel, zezetiuop.

20040930


Ese relei mie
limbte

20040929


am ori
limbte

Ariae
limbte

A volte il


A volte il profumo è pauroso. Come oggi in due nastri bianco e celeste che mi hanno fatto paura e ora qui profumano. Chi li ha mandati si
limbte

20040928

Del treno


Del treno ho solo un ricordo, non so dove siano la ragazza contro marcia e il suo fidanzato che poi lei dice: solo amici. E non so dove sia il libro scritto di già letto. Quel viaggio si è ridotto e sta anche lui nel presente tutt'uno a quel che tento di dire all'oggi. Il treno si muove ancora ed è fermo e ancora e qui ora ci sono tutti e tutti i amori desiderati dei giorni seduti qui intorno. Solo il domani mi pare abbia un qualche senso: la combinazione delle permanenze al presente inspiegabili ma uniche con qualche consistenza di ragione causale. Io so perfettamente cosa dico, mi si chiedano spiegazioni necessarie se. Sì, davvero, è solo il domani che ha valore perché vive nei sogni e nel domani io mi proietto davvero. Solo nel domani io vivo in potenza e in essenza. Nel mio immaginare i domani ci sono io davvero o perlomeno quella parte di me che io tento salvabile; nel progettare domani io solo esisto tutto solo il domani è la si rielaborazione creativa del mio desiderato. Nei sogni di domani, forse solo lì, il mio pensiero è puro e in tutta la sua potenza si tenta di plasmare il presente che non appena condensa nella misteriosa permanenza viene risucchiato nella gravità delle dimensioni raggomitolate della teoria delle stringhe forse. Nel futuro sognato io davvero esisto ed esistono i sessi e i sessi che ho immaginato svenente. Il mio pensiero esiste solo nel domani e nel passato s'inganna.
limbte

Trecento parole per. Sper seicento visioni.
limbte

Questa mattina mi

Questa mattina mi sveglio con un pensiero: che il pensiero razionale sia il tentativo di sfuggire alla nostra predominante natura vegetale. Forse per questo ci si aggrappa con tanta forza all’intelletto lineare; per paura di ricascarci. Fin dall’inizio, alle caverne si offrono due strade: quella dei potenti monili simbolici e quella delle costruzioni razionali. Era perché abbaiava laddietro l’oblio dell’animale umano non cosciente. La strada dello spaziotempo pare la più sicura e illuminata ad occidente, quella dei potenti monili simbolici la guidano in tutto il mondo resto ma è la più vicina all’oscuro terrorizzo. Ora io gioco col fuoco e mi annaspo a spavaldo verso il buio vegetale senza coscienza che ci sostanzia di grosso. Ne voglio la potenza tutta e la lego, vana utopia, nel simbolico muto e nel razionale allineato. Già ci viviamo dentro a tutto questo ma per paura non lo guardiamo bene; lo sanno bene i Picasso e i Bacon e Modigliani.

20040927

Prendo la pentola piccola, dentro il mobile basso

Prendo la pentola piccola, dentro il mobile basso; la riempio con un po’ d’acqua fredda, mi avvicino ai fornelli e, tenendola con la mano sinistra, faccio scoccare una scintilla vicino al flusso sibilante del gas appena aperto. Il fornello si accende calmo, quasi per abitudine; e io, calmo, vi appoggio sopra la pentola in modo da non far rumore; saranno le tre. Due passi verso il pensile sul lavandino e prendo una tazza bianca che appoggio sul piano bianco, pronta, con una bustina di camomilla dentro.
E intanto penso: ho subito un trauma, un vero trauma; come una grossa, dura, botta in testa. L’ho subito proprio come un colpo violento; perdendo i sensi e poi la coscienza. Subendo l’effetto silenzioso dell’ematoma crescente e nascosto. Mi rendo conto di quanto grande fosse E. per me, misurando questo stordimento.
Questo lo tengo per me; non lo scrivo. Mi avvolgo in questa scoperta. E., la mia ragazza ideale.
«Buonanotte», mi dice la scritta sulla scatola di camomilla.
Marzo 2003

20040926


Quando accade che il tempo si spenga, il germe della follia si risvaga e teso ti sfuga e sfianca.
limbte

dancing
limbte

Sempre sul

Questa estate è sempre stata un fine-estate e ogni giorno è stato un fine-giornata. Fin dall’inizio nuotavo come a fine agosto ma era il sette o l’otto e ogni mattina c’era la noia delle sette di sera coi bagnanti scottati di sole borioso. Le vacanze non sono mai iniziate e sono sempre state sul punto di finire. Io so che tutto succede perché l’erica non cresce più nella brughiera. Chissà che fa quella piantina con gli occhi troppo chiari per il sole di qui ora; chi sa dove guarda ora con le radici ritorte e chi sa che fa con gli steli troppo fragili di linfa. Io sono stato maldestro e lei mi è appassita fra le mani. Ora qui è proprio ora qui; con la cucina verde di fronte a me e il frigorifero con l’anguria e la granita di dentro. La granita di dentro è quella senza un sapore vero e con la leggerezza di codice genetico in infuso di amarene d’infanzia. Scrivo senza rileggere e si vede, ché fa pena questa prosa. È che sono qui per scappare dal conversare con la terrazza in salotto. Ma poi, ora che rileggo non è così penosa. La sera fa fresco come a settembre e il giorno non è troppo caldo, non so cosa c’è tutto intorno, cosa cerco; se mi guardo vedo che emerge per ora solo il Foucault e il suo fuori. Poi c’è tutta un’attesa anonima a cui sono ormai abituato, attesa at tesa tesa tes. Scrivo ed è un continuo spiegare a questo calcolatore che il mio vocabolario non è quello che crede e così aggiungo e aggiungo lemmi eviscerati. Ora è l’indomani e la luce è forte davvero, tanto che devo strizzare le palpebre. C’è la solita aria da estate in fine solo che ora è in fine davvero, sarà il venticinque o sei.

Nella macchina del tempo si ricicla in una fitta. A pensare che era solo tre anni fa ed era così bello, con E. ad aspettarne il racconto, della mia vita indispera.
limbte

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