Sereo eoi limbte, olifar mosere noibidung fregifis. Resemel, zezetiuop.

20050125

Le mie non-ragazze

La prima chiede: "E se leggessi Bukowski?". Avrebbe dovuto leggere
Peter Pan, portava quegli stivaletti di pelle morbida sulle caviglie.
Saltellava incerta da un titolo all'altro e la sua amica con qualche
sguardo, un po' più in là, rispondeva. Io in libreria guardo quasi mai
i libri perché mi distraggono gli altri fatti, tengo in mano un libro
preso a caso e mi casco a vedere intorno a testa alta. Mi guarda
distratto d'un tratto il mondo intero, biondo, in sembianze di
giovane e bella. Non esiste altro e io sono rapito con l'ugola seccata
e gli occhi che si aprono piano, ciechi d'istinto. Abbasso lo sguardo
che già mi pare indecente e per pudore ricado nei libri sotto a quello
che tengo in mano, non ne guardo nessuno mentre lei che è
appena qui mi si avvicina guardando i titoli bassi e mi porta il mio
cuore fino alla gola. Io guardo ora e senza ritegno le gambe e le
calze sotto la gonna corta e il cappotto bianco a lane intrecciate e
non mi levo, mi fisso su "lana 60 per cento viscosa 40 per cento" a
lettere oro sotto la sciarpa, sulla maglia nera, sul seno. Qualunque
cosa tu stia facendo smetti di farla, le avrei detto, fermati dal
piegarmi lo spazio dietro le spalle mentre guardi calma celeste tutto
d'intorno, e il mio mondo ti scivola intero senza lasciarne che
briciola sui capelli biondi fino alla schiena. Fermati ti prego perché
non so che restare immobile morbide a sentirti dietro la nuca e poi
qui accanto mentre mi guardi le mani e mi oltrepassi intorno per
trovarti oltre vicine le gote. Non c'è niente e niente intorno, non
libri, non altre, non cose, non nulli.
Il senso dolce e amaro del tuo essere non-mia è nella tua sparizione,
nel tuo non esistere ora; come specchio umido di fiati rosso, riflesso
di labbra che sanno delle mie.
Quando non c'eri sono ricomparse le due amiche fra i libri a giocare a
sguardi con me. Abbiamo percorso un tratto della strada per casa
insieme e abbiamo anche giocato a farci sentire gli uni gli altri a
qualche metro di distanza. Di loro mi resta il viso di scorcio e un
angolo dietro il vetro salite sul tram.
A Milano a camminare e un viso in un lampo, i capelli rossi pettinati
a caschetto e gli occhi contornati, visti per un attimo, con la
matita. Ancora, passo dietro passo, a parlare fra le tante fino ad
entrare in un locale dove canta una donna. Quando mi giro intorno
trovo il viso vicino di una bambina con i capelli rossi che mi guarda
ad ascoltare la musica. Trovo un posto in un angolo e quando torno per
parlare col barman incontro il profilo bianco di una ragazza che
sembra inglese nei modi e nel guardare gentile il giovane di fronte,
nell'annuire composto e finanche nello sbattere le palpebre come
rallentato e sempre indifferente al mio; sempre e nemmeno per un
attimo sono esistito per lei e se, per un istante, noi ci siamo guardati
lo scambio è parso un privilegio prezioso ma rubato, pagato con la sua
assenza ad un passo da me, verso l'uscita. Ecco le mie
non-ragazze di notte fino alla mattina mentre mi lasciano tutte, sono
mie più di quanto non appartengano a loro stesse, fin dalla loro
sparizione in un tuffo si fanno la rosa ordinata della mia visione
unica attraverso la quale tutto esiste. Non posso non pensare a te,
mia amata V, tu pure sei fatta della vita senza giorni che coltivo
lì nel mio essere, nel fondo di me, dove nel buio non c'è né
giorni né tempo. Ma ora ti vorrei qui, affiorata a toccarmi senza
paura di toccarti di vita perché ormai ti ho nutrita dei miei
pensieri e ogni cellula e citoplasma e saliva è.

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