Sereo eoi limbte, olifar mosere noibidung fregifis. Resemel, zezetiuop.

20040926

Sempre sul

Questa estate è sempre stata un fine-estate e ogni giorno è stato un fine-giornata. Fin dall’inizio nuotavo come a fine agosto ma era il sette o l’otto e ogni mattina c’era la noia delle sette di sera coi bagnanti scottati di sole borioso. Le vacanze non sono mai iniziate e sono sempre state sul punto di finire. Io so che tutto succede perché l’erica non cresce più nella brughiera. Chissà che fa quella piantina con gli occhi troppo chiari per il sole di qui ora; chi sa dove guarda ora con le radici ritorte e chi sa che fa con gli steli troppo fragili di linfa. Io sono stato maldestro e lei mi è appassita fra le mani. Ora qui è proprio ora qui; con la cucina verde di fronte a me e il frigorifero con l’anguria e la granita di dentro. La granita di dentro è quella senza un sapore vero e con la leggerezza di codice genetico in infuso di amarene d’infanzia. Scrivo senza rileggere e si vede, ché fa pena questa prosa. È che sono qui per scappare dal conversare con la terrazza in salotto. Ma poi, ora che rileggo non è così penosa. La sera fa fresco come a settembre e il giorno non è troppo caldo, non so cosa c’è tutto intorno, cosa cerco; se mi guardo vedo che emerge per ora solo il Foucault e il suo fuori. Poi c’è tutta un’attesa anonima a cui sono ormai abituato, attesa at tesa tesa tes. Scrivo ed è un continuo spiegare a questo calcolatore che il mio vocabolario non è quello che crede e così aggiungo e aggiungo lemmi eviscerati. Ora è l’indomani e la luce è forte davvero, tanto che devo strizzare le palpebre. C’è la solita aria da estate in fine solo che ora è in fine davvero, sarà il venticinque o sei.

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