Ora che sono qui, con la pancia trafitta dalla staccionata di cemento, non ha più importanza che tu abbia voluto parlare con me o darmi quel bacio; ora non importa più. È successo come tante altre volte quando ho guardato giù e il fondo mi ha chiamato seducente. Il resto del volo è stato senza speranza e grave dell’improvviso rilassamento nel grande liberato ‘rinuncio’ pieno di pena. Ora non ha importanza che quella notte tu non ti sia spogliata, chissà perchè, spaventata dal mio volerti sobria e senza scuse al risveglio nuda. E non ha importanza che tu mi abbia usato, abbia usato di me, mettendomi a frutto quanto un contocorrente. Ora io non posso che disinteressarmi dei conti di cassa sul dare e sull’avere amore o amicizia. E di tutte le cose che ho scritto che importa se qualcuna sarà ricordata, se a qualcuno interessa non è certo a me visto che in un rantolo di vita mi chiedo senza dolore perchè io non riesca a muovere un mignolo e non penso affatto alle tue povertà di espressione. Penso a tutti i tu indistinti fuori di me; mi rivolgo a te e a te e a te, pure, mentre vedo bene quello che è sempre stato: ‘io’, che ora riconosco dal sangue che gocciola sull’aiuola bruna, e ‘tu’ che distinguo per sottrazione, tutto ciò che resta. Ci sei tu e tu e tu, pure. Tu che non mi ascoltavi, tu che non mi rispondevi, tu che non mi capivi, tu che mi amavi così tanto e poi non hai più potuto, tu che non hai avuto la forza e coraggio di spiegarmi il perchè. Siamo tre cose ora: Io che rivolo, Tu che guardi e non vedrai mai perchè mai hai visto, e Ora. Nell’ultimo equilibrio, contrappasso di vite e vite intere nell’indifferenza, l’universo sono solo le persiane viste capovolte dei due piani sotto a quello che era mio. Ho visto le tendine con quella piega scostata e un ricciolo che non ho potuto bene, la pioggia secca, l’intonaco annerito sotto il gocciolatoio, sotto, i fili dei panni di un verdino e di un rosa mi pare, un po’, la lampada gialla sopra la porta del cortile, la maniglia di ferro e una macchia di ruggine che mi sembrò a forma di uccello fino a un ‘uuh’ brutto, emesso sotto di me come scalzato da un paio di barre nelle viscere e tutto il cielo e tutto io e tutta tu che hai fatto economia di cose e ora davvero mentre muoio mi fai ridere e sbatto la faccia contro il muretto e là, muoio.
Mi assorbe la terra e il tempo mi f, mi relg di cirri, scordo i suoni e le voci restano a farsi compatire che tu non capirai e io resto a piangermi senza senso perchè dopo la fine perde valore pure l’inizio e così tutto quello che ho vissuto è tutto e solo. (Appiattito di terra e sangue guardami).
Sereo eoi limbte, olifar mosere noibidung fregifis. Resemel, zezetiuop.
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